Santa Maria Assunta


Altitudine 315m.s.l.m.
Categoria Edifici religiosi
Comune Caprino Bergamasco


POSIZIONE
La chiesa di Santa Maria Assunta si trova a Celana, frazione di Caprino Bergamasco.

STORIA
La Chiesa di Santa Maria Assunta di Celana vanta antiche origini duecentesche. I primi documenti che fanno riferimento ad un piccolo nucleo parrocchiale in Celana risalgono al 1244. Ampiamente documentati sono le successive modifiche che nei secoli sono state apportate al nucleo originale, fino a fargli assumere l'attuale aspetto a metà tra il barocchetto e il tardo Settecento. La maggior parte dei lavori è da collocarsi nel XVI secolo, periodo molto importante dal punto di vista politico: in quegli anni, infatti, si stava discutendo la scissione del paese dal comune di Caprino Bergamasco, e che avrebbe portato costituzione di un indipendente Seminario e ad una gestione separata del patrimonio scaturito da offerte e donazioni.
La nuova chiesa con convento annesso, avrebbe poi dovuto saper contenere tutti i lasciti che i fedeli celanesi avevano fatto alla propria parrocchia come simbolo di riconoscenza e come ulteriore conferma del desiderio di autogestione della comunità. E' proprio nell'ambito di queste lotte intestine che deve essere collocato la commissione della Pala dell'Assunta a Lorenzo Lotto nel 1527 da parte di Balsarino Marchetti de Angelini, un ricco mercante di pannilana originario di Caprino. La pala, presumibilmente avrebbe rappresentato lo strumento di un gioco di potere per promuovere la nomina a capo parrocchiale di un lontano parente di Balsarino, Cristoforo Marchetti de Angelini.
La disputa sembrò concludersi con esiti favorevoli per i celanesi con la visita, nel 1610, del Cardinale Borromeo, il quale consegnò i diritti gestionali dei beni della Chiesa di Celana direttamente al Seminario. L'aspetto attuale dell'edificio è dovuto ad una serie di lavori condotti a partire dal 1790 da un anonimo "valente architetto".

CARATTERISTICHE
All'esterno l'edificio si presenta semplice, con una facciata sobria in stile neoclassico, scandita da lineari paraste rivoltate agli angoli e sormontate da capitelli ionici. Al contrario, l'interno si presenta invece molto articolato e complesso. La navata unica longitudinale si divide in tre corpi progressivi: un primo spazio rettangolare voltato a crociera e scandito da una serie di nicchie nella zona inferiore, un ambiente mezzano a base quadrata nel quale si innesta il tamburo della cupola semicircolare dipinta a cassettoni ed infine l'area dell'altar maggiore e del catino absidale. Quest'ultima, sempre di pianta rettangolare, si presenta rialzata tramite palchi predisposti per collocarvi l'organo Serassi del 1856. Sul lato destro si trova l'annessa Cappella di San Giuseppe, mentre a sinistra è collocata un'aula dalla quale era possibili assistere alle funzioni.
Alla ritmicità degli spazi contribuisce anche la decorazione parietale costituita da una serie di lesene ioniche policrome, esattamente collocate nei punti di "scarico" delle volte, nonché il sistema di mensoloni superiori dalle nervature dorate.
Custodita nell'abside all'interno di una splendida cornice di chiaro gusto Neobarocco, sta la pala dell'Assunzione della Vergine di Lorenzo Lotto. Sebbene sia stata realizzata ben due anni dopo il ritorno dell'artista a Venezia nel 1525, l'opera, che a prima vista appare uno dei tanti e comuni esempi di raffigurazione del tema della resurrezione della Vergine, è in realtà una studiata summa di tutta l’esperienza maturata dal Lotto dai suoi esordi fino ai fiorenti anni bergamaschi. Nella pala, infatti, si possono individuare tre livelli di lettura: il paesaggio e le scenette sullo sfondo, la figura dell’Assunta in cielo e gli Apostoli in primo piano. Questi ultimi, in particolare, nel loro turbinio incessante di gesti e colori che non concede pause all’occhio, si fa testimone di un approfondito studio di Leonardo e dei maestri del nord, in particolare Dürer.
Leonardeschi sono sicuramente il chiaroscuro morbido e sfumato che va a definire le espressioni dei volti e il concatenarsi degli sguardi, i quali rimandano al medesimo gioco di interazioni del Cenacolo; più di accezione düreriana appare invece la rigidità delle vesti e il delinearsi di solide masse, riscontrabili anche nella sua celebre raccolta di incisioni della Vita della Vergine. Infine non si deve assolutamente escludere, una conoscenza da parte del Lotto, dell'opera di Tiziano recante il medesimo soggetto, l'Assunta dei Frari. Ancora una volta il nostro mostra un disinvolto e intelligente uso delle sue fonti figurative, cogliendo il moto concitato dei seguaci di Cristo che si protendono con un forte slancio verso il corpo levitante di Maria. Le tinte delicate e tenui con le quali il Lotto definisce le sue figure sono però lontanissime dai forti tonalità e dai rossi carichissimi di Tiziano.
La giustapposizione dei complementari e di toni caldi e freddi, oltre ad una luce diffusa e chiara che pare unire cielo e terra, è tutta veneta. La lezione di Giovanni Bellini, suo primo punto di riferimento negli anni giovanili, non è stata mai davvero dimenticata e nemmeno il soggiorno a Roma ha contribuito ad annullare il tonalismo di Lorenzo. Anche la Vergine, nella sua delicata monumentalità, si allontana molto da quella di Tiziano per avvicinarsi maggiormente alla grazia delle madonne raffaellesche e a quelle di Fra Bartolomeo, dal quale tra l'altro sembra aver ricalcato uno degli angeli reggi-cortina che la accompagnano nella sua ascesa verso il paradiso. Lo scorcio sottinsù pare ingentilire ulteriormente la sua espressione pia mentre, con le mani giunte, volge verso l'alto il suo sguardo celeste. Nel delineare la figura della madre di Dio il Lotto si rifà fedelmente alla tradizionale iconografia, racchiudendo la Vergine entro una mandorla immaginaria, data dalla cornice di nubi plumbee nella parte alta del dipinto e dalla "V" delle valli verdi sullo sfondo. Il paesaggio, per la cura dei dettagli botanici, richiama ancora la pittura nordica ma anche gli studi naturalistici del Maestro Da Vinci, così come a quest'ultimo bisogna legare il leggero accenno ad una sorta di prospettiva aerea.
Le scenette minori sullo sfondo sono anche queste un rimando alla micropittura nordica e, insieme alla scena principale in primo piano, sembrano voler condensare nel dipinto 3 momenti narrativi diversi: l'Assunzione di Maria, il sopraggiungere nella Valle di Giosafat di S. Tommaso e l'episodio della cintola della Madonna che giunge prodigiosamente intatta dal cielo al Santo incredulo. Quest'ultimo merita un'attenzione particolare in quanto incarna la sapiente arguzia delle metafore visive del Lotto. Chino sul sepolcro vuoto, con fare esaminatore, Tommaso guarda con espressione scettica e concentrata l'interno della tomba. Ad accentuare il suo bisogno di verità, sul naso gli sono stati dipinti degli occhiali, strumento assai infrequente nell'immaginario sacro. Oltre che dal Vescovo adorante della Madonna di Bruges di Van Eyck (1436), il Lotto può aver tratto ispirazione dagli affreschi di Tommaso da Modena nel Convento di San Nicolò a Treviso (1352). Qui nelle scenette degli scriptoria, i monaci scrutano attentamente, attraverso le lenti, le sacre scritture oggetto dei loro studi.
Lorenzo Lotto tuttavia, va ancora oltre la semplice definizione scientifica ed utilizza lo strumento ottico per giocare con il doppio significato del nome del Santo. Tommaso, infatti, viene identificato sia con il termine "abisso" che con il termine "separazione" (dal greco thomos), in virtù della sua innata capacità di fare luce sui misteri più oscuri dell'umanità e di saper separare la sfera del divino da quella dell'umano. Attraverso di lui Lotto sembra voler sottolineare che attraverso il senso della visione l'uomo può conoscere il mondo che lo circonda, ma è solo aprendo gli occhi dell'anima che egli potrà cogliere la verità celeste rivelata.

(contributo di Val San Martino Spot)


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